REGIA | Lorella Serni |
VIDEO | Jacopo Fontanella |
LUCI | Alessandro Marziali |
SUONI | Valentino Coppi |
Personaggi ed interpreti
Gesù | Iacopo Cigolini |
Giuda | Giovanni Di Costanzo |
Ahasver | Enoid Shoraj |
Barabba | Omar Contigiani |
Frau Marthe | Donatella Marranini |
Freud | Attilio Ferrini |
Oste | Carlo Cesarano |
Ostessa | Caterina Nepi |
Reporter | Margherita Mugnai |
Regista | Francesca Ingold |
Con la partecipazione di:
- Riccardo Corazzesi
- Francesco Esposito
- Beatrice Pinciaroli
Sinossi
Assistiamo ad una prova teatrale e neanche il regista è preparato per tutto quello che può improvvisamente succedere.
Il luogo è una semplice bettola fuori dal tempo e dallo spazio, dove si ritrovano di tanto in tanto persone, non realmente esistenti per noi “vivi”.
Dobbiamo ricordare che ai tempi di Gesù Gerusalemme era stata conquistata dai Romani e avevano designato come governatore Ponzio Pilato, che, per mantenere il potere su questa terra aveva instaurato un buon rapporto con i Sommi Sacerdoti: le autorità locali che controllavano la popolazione perché osservasse i comandamenti del Dio Jahve. Il predicatore Gesù fu da loro ritenuto un pericoloso agitatore da sorvegliare sempre – così come fecero i Romani.
Dobbiamo considerare che sia gli uomini dei Sommi Sacerdoti, che quelli di Ponzio Pilato sapevano dove Gesù ed i suoi si trovassero in ogni momento.
Gli Evangelisti ci raccontano che – in occasione dell’ultima cena con i suoi discepoli ed amici – Gesù avrebbe accusato uno di loro, Giuda, di averlo tradito.
Sappiamo anche che tutti gli Evangelisti vissero almeno qualche decennio dopo questo evento, che nessuno di loro era presente e che Gesù aveva insegnato non soltanto ad amare il prossimo come se stessi, ma anche che aveva detto “…Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio” e “…chi poi dice al fratello ’stupido’, sarà sottoposto al sinedrio…” (Vangelo sec. Matteo, cinque).
Come mai siamo pronti a pensare che Gesù abbia potuto agire in modo opposto ai suoi insegnamenti, al suo carattere, a compiere un atto capace di causare sofferenza profonda ad un suo compagno – sopratutto davanti a tutti gli altri – cioè accusarlo di tradimento?
Se mai Gesù avrebbe detto: “Giuda, vieni fuori con me, ti devo parlare e non voglio che gli altri ci sentano”, sì, così sarebbe stata un’altra cosa, plausibile.
E questo è il senso profondo del tema di stasera.
Gli altri personaggi
Il Dr. Sigmund Freud ci è famigliare.
Barabba è l’uomo liberato dalla sua pena al posto di Gesù per volontà del popolo, così ci raccontano gli Evangelisti. Ma storicamente Ponzio Pilato non aveva il potere di chiedere al popolo chi dei condannati avrebbe dovuto graziare.
Ahasver è il povero calzolaio che ha esortato Gesù, quando gli passava vicino, reggendo con fatica la croce pesante, a camminare più svelto. Secondo alcune tradizioni popolari è condannato a vivere per sempre – o a incarnarsi in diversi personaggi nel corso dei secoli, come – per esempio – nel re Artaserse, persecutore degli Ebrei.
Frau Marthe è un personaggio del Faust di Goethe.
L’Oste e l’Ostessa, come la regista e la reporter sono frutto di fantasia.
Camilla Paul-Stengel
L’idea di questa messa in scena nasce dal desiderio di confrontarsi con un testo di drammaturgia contemporanea, testo che ha ricevuto la segnalazione d’onore dal Centro Culturale Firenze – Europa “Mario Conti”, scritto da una autrice che si avvicina al teatro per la prima volta ed esplora temi e contenuti significativi ed importanti, impostando il proprio lavoro su figure emblematiche come Gesù, Giuda, Barabba e Freud che si incontrano in un non-luogo, “La Bettola alla Fine del Mondo”, dove tutto diviene possibile.
Si gioca poi, da qui l’originalità, ad entrare ed uscire dalla rappresentazione teatrale, tutto prende spunto, infatti, da una “prova in teatro”.
Qui avvengono incontri particolari, a prima vista impossibili, tra attori che interpretano e personaggi reali, evidenziando echi Pirandelliani.
Diviene in questo senso importante la presenza ed il ruolo del regista che fa da tramite con il pubblico, guida il gioco dall’esterno intervenendo direttamente nell’azione, cambiando alcune impostazioni recitative e di interpretazione, rispetto alle varianti che ogni attore-personaggio introduce, inserito in questo reale-rappresentativo. Per questo certe scene sono contrappuntate ed evidenziate dalla presenza del video che diviene elemento narrativo importante per la comprensione, sia che lavori per associazione o per contrasto, con ciò che viene detto.
Nel testo ci si interroga su temi topici del pensiero filosofico e religioso, affrontando questioni importanti, fornendo originali spunti di riflessione sul dolore, sulla morte, sulla Chiesa e il suo potere temporale, sul rapporto uomo-Dio, sul perdono, sul tradimento.
Tutto questo è inserito nel gioco teatrale dove, in un allestimento scenografico essenziale e stilizzato, addirittura monocromatico, ci si incontra, anzi, il dialogo diviene un vero e proprio combattimento verbale e di contenuti, con due evidenti zone di fuori-scena, dove a volte si trovano gli attori, mai i personaggi interpretati.
L’intreccio – il gioco – tra essere ed interpretare è comunque sempre evidente fino al coup de théâtre finale.
Lorella Serni