Con il nostro lavoro vogliamo parlare della contemporaneità, riflettere ed interrogarci, tramite il Teatro, sulla società dei consumi. C’è una distinzione profonda tra finzione e menzogna, tra sospensione dell’incredulità e acritica accettazione del falso: la prima dimensione appartiene all’utopia, al diverso, al teatro, la seconda è propria del totalitarismo, del conformismo, del reality show. In La Bella e la Bestia: un reality si trovano entrambi gli elementi, contenuti più volte l’uno nell’altro, non solo perché si rappresenta una finzione basata su un vecchio racconto, ma perché ogni singolo personaggio è una scatola cinese imperscrutabile di illusione e bugia. Disperatamente ed ironicamente ci siamo guardati intorno. Ci siamo decisi ad attaccare il contemporaneo attraverso il volgare e la pochezza del reality, mostrando questo modo di fare spettacolo in una falsa cornice patinata che ne estremizza i contrasti e le contraddizioni. Lo scontro si ripete anche nella scelta di affiancare al linguaggio teatrale quello televisivo della ripresa in video, che diviene qui una presenza incombente, un terzo occhio tra scena e spettatore: scruta ed osserva fino ad invadere lo spazio teatrale, consacrando, dando autorità ed ufficialità a personaggi privi di spessore, qualità o interesse. Tra video e spettatore non c’è possibilità di dialogo: “Il linguaggio della TV è simile al linguaggio delle cose, è pragmatico e non ammette repliche, alternative, resistenza.” (P.P.Pasolini). Il pensiero di Pasolini è come sempre di un’attualità sconvolgente.
Portando al paradosso quella che lui con tanta lucidità ha espresso in una frase, non ci siamo posti che una domanda: cosa succede a una fiaba quando attraversa il tritacarne di un format televisivo?